I miti nella contemporaneità, uno sguardo sulle tendenze dell’oggi

Possiamo ancora parlare di miti al giorno d’oggi?
Da questa domanda possono scaturire una grande quantità di riflessioni, le quali consentono di osservare come di fatto al giorno d’oggi non sia facile poter parlare di miti. Cosa sono i miti? Sono solo una realtà del passato, elemento tipico di quelle antiche civiltà per esempio greca e latina, o sono un ingrediente ancora presente nella nostra ricetta di vita quotidiana?
Una voce che si interroga in merito a questa tematica è quella dello storico e mediologo Peppino Ortoleva, il quale fornisce la propria concezione del mito a partire dalla sua più antica e sacra essenza fino alla più attuale declinazione. Emblematico per comprendere l’idea di Ortoleva del mito nel mondo contemporaneo è il titolo del suo scritto più recente, Miti a bassa intensità, in cui evidenzia il fatto che contrariamente a quanto sostengono molti pensatori moderni e contemporanei, il mito non è affatto scomparso, non è stato spazzato via dalla nostra esistenza, è anzi ancora molto presente ma in forme nuove e dinamiche. Il tempo scorre e con il suo inevitabile scorrimento la società evolve, muta, elabora nuovi valori e nuove esigenze che come conseguenza portano necessariamente al cambiamento anche di quei miti che per secoli e secoli hanno fatto parte delle più solide tradizioni. Come sottolinea Ortoleva, questo non significa che i miti più antichi, con la loro aura di sacralità e mistero, detti anche miti ad alta intensità, siano stati eliminati o completamente sostituiti da nuove forme, anzi; nella nostra quotidianità hanno ancora molto valore alcuni miti primordiali e che sempre continueranno ad affascinare l’uomo, ma al giorno d’oggi sembrano avere una maggiore importanza i miti che definisce appunto miti a bassa intensità.
Questi si caratterizzano per essere parte integrante della nostra realtà, del nostro mondo, non si collocano come quelli definiti ad alta intensità in un altrove distante e forse irraggiungibile, eppure anche i miti di oggi sono spesso in grado di evocare elementi sovrannaturali; sono inoltre miti che possiamo consumare con una certa facilità e in grandi quantità, essendo disponibili e facilmente accessibili a tutti, proprio come un bene di consumo qualunque, nelle forme più svariate quali film, serie televisive, canzoni e video musicali, romanzi e racconti, pubblicità e così via. Un esempio di mito del giorno d’oggi può essere il classico mito alimentare: una moda, quella del healthy food, che ha costituito una mitologia vera e propria fatta di ‘rituali’ ben precisi e che ha portato a modificare le abitudini e le attività di migliaia di persone, calandosi nella vita quotidiana con prepotenza e arrivando anche a designare dei ‘mostri’ da cui tenersi alla larga: l’olio di palma primo in lista!
Ogni storia che viene narrata ha la forza e la potenzialità di divenire un mito su cui trasferiamo valori e bisogni di cui andiamo costantemente in cerca. Sempre Peppino Ortoleva porta l’esempio del mito del vampiro, che nel corso dei secoli non è mai tramontato fino ad arrivare alla nostra contemporaneità con nuove caratteristiche: non più mostri dall’aspetto spaventoso e rinchiusi in oscuri castelli ma addirittura affascinanti teen-ager che frequentano le nostre scuole e in grado di innamorarsi di un essere umano, non più figure sinistre e maligne per definizione provenienti da una realtà sovrannaturale ma persone, che entrano a tutti gli effetti nel nostro mondo e vivono attorno a noi.
Questa declinazione postmoderna del non-morto risponde infatti ad una domanda che l’uomo si pone fin dalle origini della sua esistenza e che ha dato linfa vitale a numerose credenze: cosa ci attende dopo la morte? Esiste un oltre in cui proiettarsi? Già gli antichi egizi credevano in una seconda vita dopo la morte, al punto da equipaggiare i defunti con tutti quegli oggetti che avrebbero potuto essere utili per la loro nuova vita. E nel corso dei secoli queste domande hanno alimentato varie forme del mito in ogni cultura, in ogni civiltà da Oriente a Occidente, fino ad arrivare all’uomo contemporaneo, il quale sente il bisogno impellente di far ricadere il mito nella sua realtà per sentirlo ancora vivo.
Ecco allora che i romanzi e i film di oggi ci presentano figure sovrannaturali che popolano le nostre città, consentendoci una vicinanza inaudita con quegli eroi (o anti-eroi) che dal mito tradizionale vengono rinnovati e ri-mitizzati.
Se nell’antica Grecia gli eroi erano figure semidivine dalle capacità straordinarie e modelli irraggiungibili di virtù e valori, da Ercole a Perseo, da Giasone a Teseo, oggi gli eroi che ci costruiamo non scendono dall’Olimpo, non sono figli di divinità onnipotenti, ma sono spesso ragazzi comuni, giovani studenti americani che punti da un ragno acquistano il potere di salvare un’intera città dalla distruzione, ma che tolto il costume si possono incontrare passeggiando per Times Square.
Il mito è quindi ciò di cui ci nutriamo quotidianamente, è una storia che decidiamo consapevolmente di accettare, è ciò a cui scegliamo di credere e che acquista di conseguenza un carattere di realtà, almeno a livello individuale. Ogni giorno scegliamo di credere o meno a delle ‘verità’ le quali diventano allora la nostra mitologia. È infatti errato pensare o sospettare che mito sia sinonimo di falsità. Ciò che ha valore di verità o falsità siamo noi stessi a deciderlo, con la stessa libertà con cui siamo in grado di decidere se credere in una fede religiosa o in qualsiasi altro aspetto che caratterizza il nostro essere persone.
La risposta alla domanda iniziale dunque appare in tutta la sua evidenza: i miti al giorno d’oggi sono ancora effettivamente presenti. Il nostro essere individui razionali e sensibili ci porta ad avere sempre dei quesiti a cui vogliamo dare delle risposte, le incognite esistenziali di cui viviamo non sempre possono trovare riscontri esaustivi e completi, ecco perché allora entra in gioco il mito.
Esso ci consente di attenuare quel bisogno di un qualcosa di più, ci permette – se non di raggiungere – almeno di figurarci un oltre, di proiettarci in una dimensione altra. Non è scontato o automatico credere ad un mito, ma come siamo liberi di credere ad un valore, ad un’emozione o a una regola scientifica siamo anche liberi di credere a tutti quei miti che ci aiutano a dare un senso alla nostra realtà, al nostro agire nel mondo e al nostro farne parte, perché, come a ragione sostiene Madeleine L’Engle, perdendo i nostri miti perderemmo anche il nostro posto nell’universo.