La chambre de Mavi

Non cadiamo nella Rete. Internet, pandemia e “mediascape”

Se c’è una cosa che la pandemia ci ha ricordato nell’ultimo anno è che la vita al giorno d’oggi si svolge in una dimensione non solo reale, concreta, ma anche virtuale. Negli ultimi decenni il potenziale della Rete e le possibilità che essa stessa offre sono cresciuti in modo esponenziale, e se da un lato questo ha portato a incredibili sviluppi e miglioramenti della nostra vita, dall’altro però ha determinato anche problematiche nuove e minacce inaudite. Molto spesso si sottovalutano la pericolosità di un click e la gravità delle conseguenze di certe azioni prodotte nel web, proprio per il fatto che collegandosi alla Rete si ha la sensazione di staccarsi dalla vita concreta, sospendendo quindi almeno momentaneamente il proprio senso di responsabilità e la propria attenzione.

Certo, le comodità che gli sviluppi tecnologici ci consentono quotidianamente sono straordinarie, dal poter sentire persone care che si trovano dall’altro capo del mondo all’essere sempre informati su cosa succede in ogni paese; ma questa libertà nell’uso della rete e degli strumenti tecnologici racchiudono anche pericoli e rischi di non poco peso.

Sono infatti sempre più numerosi i giovani e giovanissimi che fanno un utilizzo frequente ma incauto e non responsabile della Rete e che a causa di una mancata educazione a tale strumento ne fanno un uso scorretto e potenzialmente pericoloso. Un esempio emblematico e impressionante è il caso di un arresto di un ragazzino di soli 12 anni avvenuto nel 2017 in Germania poiché sul web avrebbe minacciato di voler dare fuoco ai mercatini di Natale di una città tedesca. Ma non solo di giovani utenti dovremmo allarmarci: il pericolo più grave si ha quando a fare uso di un’arma di comunicazione così potente ed incisiva come il web sono delle persone mature, pienamente consapevoli delle potenzialità mediatiche dello strumento e capaci di sfruttarne ogni elemento.

La Rete non è un mezzo di per sé onnipotente, è uno strumento creato dall’uomo per svolgere diversi servizi, quindi nella sua natura non vi è alcuna onnipotenza, però può acquistare tale caratteristica per mezzo di chi ne fa uso. La Rete è uno strumento di comunicazione potentissimo e diventa un’arma assai pericolosa nel momento in cui viene adoperata da un utente che non si assume la responsabilità degli effetti della propria comunicazione o che deliberatamente ricerca un conflitto.

Nel momento in cui si individuano questi “cattivi” del web, è indispensabile agire per contrastare le loro azioni con armi non convenzionali, in quanto il terreno di battaglia non è usuale. Come direbbe il sociologo e professore Marco Lombardi, in questi casi si parla di “guerra ibrida”, in riferimento a questo tipo di conflitto che ancora non è sufficientemente riconosciuto e caratterizzato dal fatto che gli attori di questa guerra non rispettano alcuna regola, e il cui unico scopo è vincere, indipendentemente da cosa richieda la conquista della vittoria.

Una battaglia quindi quella nella mediasfera che richiede l’applicazione di pratiche relazionali specifiche, sempre in evoluzione, e in cui il terreno è decisamente instabile. La guerra ibrida ha rilanciato in modo esponenziale il ruolo della comunicazione come strumento importante del conflitto in tutte le sue fasi; la comunicazione, il racconto della guerra che si combatte, è parte centrale del conflitto stesso, e i media hanno il potere di orientare e piegare le opinioni.

La crisi iniziata in seguito alla pandemia globale del Covid-19 ha accelerato lo sviluppo e la diffusione di un fenomeno che già era presente e che era in crescita, ovvero la conflittualità generata e animata nella rete. L’obiettivo di molti studiosi e ricercatori, come lo stesso Lombardi, è quello di dare la caccia a chi nella rete anima questa conflittualità e cerca di dare vita ad azioni di violenza, quindi cercare di prevenire comportamenti violenti come esito di processi di radicalizzazione. Non è una caccia a idee radicali ma una caccia a conseguenze violente sulla base di processi di radicalizzazione. Ed è un impegno molto difficile in quanto il terreno è virtuale, si parla infatti di mediascape e non più di landscape, un mondo medializzato in cui valgono ecosistemi comunicativi in perenne evoluzione e in cui poter esprimere liberamente una qualsiasi idea o opinione diventa estremamente delicato.

E qui si apre un altro tema centrale: la libertà di pensiero. Se da un lato è necessario difendere la propria libertà di espressione, dall’altro lato è altrettanto indispensabile educare le persone, fin dalla giovane età, ad un atteggiamento di assunzione delle proprie responsabilità nel momento in cui la propria opinione viene diffusa. La sicurezza collettiva dipende da una responsabilità individuale che non può essere delegata a terze persone, ognuno di noi ha il diritto e dovrebbe sentirsi in dovere di tutelarsi in prima persona permettendo così una sicurezza collettiva maggiore.

Il web è quindi da un lato una grandissima risorsa ma dall’altro un’arma che se usata impropriamente può diventare una minaccia sociale, non tanto per la sua potenzialità ma proprio per l’utilizzo che una persona ne fa, che può generare conseguenze molto gravi. È indispensabile quindi essere consapevoli del proprio modo di usufruire della rete, dal momento che non sempre ci si rende conto di quanto possa essere facile rimanere impigliati nella sua trama.

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