Intervista esclusiva. I Sonohra si raccontano e spiegano perché hanno deciso di tornare alle “origini”
Reduci dalle tappe del “Liberi da Sempre 3.0 Summer Tour” che li hanno visti protagonisti prima al “Summernight Show” di Badia Polesine (RO) e, successivamente, a Melia di Scilla (RC), dove hanno presentato per la prima volta dal vivo al pubblico calabrese il loro ultimo inedito intitolato “Cosmpolitan”, i Sonohra – il duo veronese composto dai fratelli Luca e Diego Fainello – hanno deciso di raccontarsi concedendo un’intervista esclusiva a “Pianura24”. La band (che, nel 2008, trionfò al Festival di Sanremo nella Sezione Giovani con il brano “L’Amore”) il 10 settembre si esibirà a Forlì, in piazza Saffi, in occasione della quarta edizione dello spettacolo “No(t)te di Respiri”, a sostegno di un’iniziativa di Sharing Breath il cui obiettivo è quello di finanziare la ricerca nel campo delle malattie polmonari.
Il vostro ultimo singolo, “Cosmopolitan”, strizza esplicitamente l’occhio agli anni ‘80. Un decennio, quest’ultimo, che di recente è tornato prepotentemente in voga, anche grazie a una serie cult come “Stranger Things”. Com’è nata l’idea di questo pezzo? Qual è il vostro rapporto con le sonorità, le mode e i fenomeni di costume che hanno caratterizzato quel periodo così iconico?
Luca Fainello: «Sicuramente gli anni ‘80 sono stati un’epoca interessante per la nostra cultura, se pensiamo agli stili musicali o alla moda, che erano tutte realtà intrecciate tra loro. Mi viene in mente, ad esempio, il boom del cinema di quel decennio con la scena iconica di “Ritorno al Futuro”, dove il protagonista, Marty McFly, porta la musica degli anni ’80, che erano la sua epoca, a spasso nel tempo, suonando la chitarra e cantando Johnny B. Goode, lasciandoci in eredità una delle scene cinematografiche più rappresentative di quel periodo. E poi il modo di vestire, con i colori fluo come il verde o il blu elettrico che, comunque, stanno tornando di tendenza, come anche vediamo il ritorno di questa epoca nelle serie tv più in voga oggi. Gli anni Ottanta non sono poi così lontani come ai più giovani potrebbe sembrare».
Diego Fainello: «Io vorrei rivivere il sound di quegli anni che ha fanno scritto un pezzo di storia della musica con i riff, i tipici giri di chitarra e con le icone che citiamo anche in “Cosmopolitan”, come i Duran Duran o gli Spandau Ballet, ascoltati nelle musicassette con un walkman».
L’ultimo progetto discografico che avete partorito, “Liberi da sempre 3.0”, è un rifacimento del vostro fortunatissimo disco d’esordio, uscito nel 2008. Per voi che esperienza è stata ritornare alle origini dopo una lunga fase di sperimentazione, che vi ha visti spaziare dal blues al folk passando per il rock e la musica elettronica? Siete soddisfatti della risposta del pubblico?
LF: «Con questo progetto, “Liberi da Sempre 3.0”, abbiamo deciso di tornare ai Sonohra che eravamo alle origini, decidendo di ricantare l’album del 2008 dopo che l’anno scorso, sul nostro profilo TikTok, era diventato virale il video di noi che suonavamo “L’Amore” con le nostre chitarre a casa. È stata una scelta che si può interpretare un po’ come aver voluto fare pace con noi stessi, riprenderci un passato che non ci apparteneva più e far rivivere qualcosa che per migliaia di persone, 14 anni fa, ha segnato un momento preciso della loro vita, ma anche della nostra».
DF: “Liberi da Sempre 3.0” è un remake del nostro disco degli esordi e vi si riconosce tutto il sound dei Sonohra dei primi tempi, quello che dopo il boom di Sanremo ha dato il via alla nostra carriera, sia in Italia sia all’estero. In questo album ricantiamo le canzoni del 2008, ma con voci sicuramente più mature dal punto di vista artistico e musicale e con un pizzico in più di consapevolezza».
La scelta di tornare al genere pop che aveva contraddistinto i vostri primi lavori è da intendersi come definitiva oppure, in futuro, non escludete di addentrarvi nuovamente in territori musicali per voi inesplorati?
DF: «In passato ci siano già dati alle sperimentazioni di generi più di nicchia, come il folk o il blues, quindi in futuro…. tutto è possibile. Nel disco, ad esempio, abbiamo inserito tre inediti tra cui appunto “Cosmopolitan”, che si distacca musicalmente dal sound a cui il nostro pubblico era abituato, ma tuttavia il singolo è stato accolto con curiosità».
LF: «Il nostro stesso nome, Sonohra, richiama il grande deserto che si estende per chilometri e chilometri tra Stati Uniti e Messico e per noi esprime in pieno l’idea di una musica senza confini».
Come valutate le trasformazioni in atto nel mercato musicale, che hanno portato alla sparizione delle copie fisiche e all’ascesa delle piattaforme di streaming?
LF: «Beh, noi forse siamo andati un po’ controcorrente facendo uscire “Liberi da Sempre 3.0” in vinile per la prima volta nella nostra carriera (ride, ndr). Senza dubbio l’affermazione dello streaming ha agevolato la diffusione della musica a livello globale, pensiamo a Spotify, che ti permette di arrivare a un pubblico molto ampio, o Apple Music. Con lo streaming la musica di un artista va oltre a ogni confine».
DF: «Molta gente, però, preferisce ancora acquistare le copie fisiche del disco. Agli instore tour o dopo i concerti i fan vengono ancora volentieri a fare firmare la loro copia, il cd è un ricordo più materiale e poi spesso ci taggano nelle storie con tutti i nostri vecchi dischi che in questi 14 anni hanno acquistato. E noi ci emozioniamo sempre quando lo fanno».
Qual è il vostro rapporto con il territorio della Pianura veronese? Personalmente, lo scorso anno, ho assistito ad un vostro concerto tenutosi al Teatro Sociale di Villa Bartolomea e ricordo che il pubblico è stato molto caloroso per l’intera durata della vostra esibizione.
LF: «È vero, quello di Villa Bartolomea è stato un bellissimo concerto. Verona e il suo territorio ci hanno sempre accolti con affetto e quindi suoniamo sempre volentieri qui a casa, nelle nostre zone, e nella Pianura Veronese ci siamo esibiti più volte, come a “L’Incognito” a Cerea, o a Legnago dove, nel 2012, al Teatro Salieri abbiamo dato il via al tour invernale».
DF: «Nelle tournée tendiamo sempre a fare una tappa “veronese”. Ad esempio, lo scorso maggio, abbiamo scelto il “The Factory” di Verona per chiudere le tre anteprime del “Liberi da Sempre 3.0 Tour”, che tra l’altro hanno registrato tutte e tre il sold out. La cosa più interessante è che anche quando suoniamo qui in zona vengono fan da fuori regione, che si fanno chilometri di auto o treno per sentirci suonare nella nostra terra».
In ambito artistico avete qualche sogno nel cassetto – come ad esempio una collaborazione con un determinato gruppo o artista, piuttosto che un concerto in un luogo particolare – che vi piacerebbe veder realizzato?
LF: «Sarebbe bellissimo, a questo punto della nostra carriera, rifare un concerto al Teatro Romano come successe nel 2008, da cui poi venne estratto l’album con dvd live di quella serata, “Sweet Home Verona”, con cui concludemmo il nostro primo tour, “Liberi da Sempre”. Quella sera eravamo particolarmente emozionati e quando ci capitano sotto gli occhi degli spezzoni dei video con il Teatro Romano strapieno e decine di palloncini bianchi che rimbalzavano dal pubblico al palco, beh…l’emozione è ancora oggi molto forte».
DF : «Per quanto riguarda le collaborazioni, già in passato abbiamo intrapreso questa strada con Hevia, Enrico Ruggeri e i Modena City Ramblers, tutte esperienze bellissime. Di recente, invece, ci siamo dati un po’ al campo delle produzioni, perché la musica non ha confini. Però, mio fratello non ha citato il posto con la “P maiuscola” in cui sarebbe bello suonare un domani: l’Arena di Verona. Chissà che questo desiderio non si avveri, visto che è la settimana delle stelle cadenti».