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La Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica lancia una campagna sui lasciti testamentari

Se si chiedesse alle persone affette da fibrosi cistica cosa sognano per il proprio futuro, la risposta sarebbe – nella totalità dei casi – “un domani libero dalla malattia”. Rendere possibile questo traguardo è l’impegno primario della Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica onlus, nata a Verona nel 1997; si tratta di un ente riconosciuto del Miur, che si occupa della selezione e promozione dei progetti scientifici più promettenti individuati da un apposito Comitato scientifico. Riuscire a concretizzare il sogno di donare una cura ai malati di fibrosi cistica dipende esclusivamente dall’entità dei finanziamenti messi a disposizione della ricerca e, da oggi, c’è un modo in più per partecipare a questa sfida ambiziosa e contribuire – con un gesto di grande lungimiranza – al sostegno degli studi contro la malattia genetica grave più diffusa in Europa.

La Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica (Ffc Ricerca), infatti, ha lanciato la sua prima “Campagna lasciti testamentari” per fare informazione e sensibilizzare la cittadinanza su una preziosa opportunità alla portata di tutti. Una scelta consapevole e autonoma, che ciascuno può compiere in piena libertà e che può fare la differenza per i malati di fibrosi cistica che sono ancora in attesa di una cura risolutiva. Un atto di amore che, a prescindere dal valore della donazione, può concorrere a dare respiro al futuro dei malati, la cui speranza di guarigione è riposta unicamente nelle potenzialità e negli avanzamenti della scienza.

«Sono cresciuto con l’esempio di mio nonno Gaetano Marzotto, che con la Città sociale ha segnato il tessuto culturale e imprenditoriale di Valdagno nel secolo scorso. Ritengo che il testamento solidale, oggi, guardi altrettanto al futuro, perché noi siamo anche quello che lasciamo», dichiara Matteo Marzotto, presidente e cofondatore di Ffc Ricerca. «È il nostro miglior segno», aggiunge, «per contribuire al bene comune, un gesto di condivisione a chi è meno fortunato di noi, anche in senso civico. Ogni gesto di fraternità, anche se piccolo, può fare la differenza: dona speranza, innesta fiducia nel cambiamento. Ed è nutrimento per la nostra anima. Fa stare bene gli altri ma, prima di tutto, fa bene a noi stessi». «Con un lascito a Ffc Ricerca potete contribuire a trovare la cura per tutte quelle persone con fibrosi cistica ancora orfane di terapia, costruire un futuro libero da questa grave malattia genetica», conclude Marzotto.

Dal 2002 a oggi Ffc Ricerca, grazie alla dedizione dei volontari e dei donatori che le hanno dato fiducia, ha investito 34,5 milioni di euro in ricerca, finanziando 439 progetti con il coinvolgimento di circa mille ricercatori. In questi anni i risultati ottenuti dagli studi sostenuti da Ffc Ricerca hanno concorso a migliorare la qualità di vita dei pazienti e ad allungare l’aspettativa media di vita di circa 10 anni, passata dai 30 ai 40 anni. Oggi l’attività scientifica promossa dalla Fondazione è orientata verso una cura per tutti i malati di fibrosi cistica, anche per coloro che sono ancora orfani di terapia e non possono contare sui farmaci attualmente in commercio. Sostenere la Fondazione con un lascito testamentario significa fare parte di questo ambizioso progetto di vita.

Il lascito testamentario è uno strumento di grande liberalità, che si concretizza nell’offerta spontanea dei propri averi a vantaggio del prossimo, dei propri cari, o della comunità, anche tramite enti benefici come la Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica onlus. Chiunque può scegliere di destinare il proprio lascito alla Fondazione sotto forma di denaro, titoli, azioni, fondi di investimento, beni mobili – come opere d’arte, gioielli, arredi – e immobili, o una polizza vita, nominando Ffc Ricerca come beneficiario. Le donazioni tramite lasciti testamentari andranno a sostenere la mission istituzionale della Fondazione, ossia finanziare borse e progetti innovativi di ricerca per migliorare la qualità e la durata di vita dei malati di fibrosi cistica, trovare una cura per tutti, anche per chi è ancora orfano di terapia, e sconfiggere definitivamente la malattia.

Volto del manifesto e dello spot della nuova campagna lasciti di Ffc Ricerca, realizzata in collaborazione con l’agenzia Atlantis di Milano, è la piccola Stella, nata con la fibrosi cistica, ereditata dai genitori, entrambi portatori sani di fibrosi cistica. Il messaggio espresso dal claim “Stella ha ereditato una grave malattia genetica. La cura può ereditarla da te” sottolinea come, attraverso questo gesto di solidarietà, Stella e tutti i malati di fibrosi cistica possano avere l’opportunità di vedere progredire la ricerca e sperare presto in una cura alla radice.

La campagna di sensibilizzazione e informazione verrà veicolata online sui canali social della Fondazione e sui network editoriali nazionali. A firmare l’espressiva immagine del manifesto della campagna è Marisa Di Pinto, fotografa professionista, volontaria di Ffc Ricerca e madre di Stella, che negli anni ha saputo raccogliere scatti intimi e impareggiabili che raccontano con sguardo materno la malattia, le terapie e i sacrifici che quotidianamente impone.

«Sono molto orgogliosa di aver preso parte a questo progetto. Mia figlia rappresenta la speranza di migliaia di bambini e ragazzi che, con le loro famiglie, credono che solo la ricerca potrà donare loro un futuro migliore. Il lascito a Ffc Ricerca è un gesto di grande altruismo; spero che questa campagna tocchi la sensibilità e la generosità di quante più persone possibili», afferma Marisa Di Pinto.

Anche l’intenso spot della campagna, diretto da Alberto Giuliani, vuole raccontare, toccando le corde emotive dello spettatore, la complessa quotidianità di Stella e di altri bambini come lei, malati di fibrosi cistica. Sullo schermo scorrono scene di vita vera, riprese dalle famiglie nelle case e durante le visite di controllo e i ricoveri. Situazioni che rappresentano la malattia con grande intensità: la spirometria, la fisioterapia respiratoria e la somministrazione di farmaci tramite “port a cath”, dispositivo di accesso vascolare. Una quotidianità dura, molto diversa da quella che si vorrebbe per chiunque, a maggior ragione per un bambino, scandita da pesanti terapie che sottraggono tempo ai giochi e alla spensieratezza, tipica dell’infanzia e dell’adolescenza.

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