Casa Santa Elisabetta accoglie donne in situazione di difficoltà con figli
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Condomini solidali, doposcuola, poliambulatori, case di accoglienza, dormitori, mense, restauri di beni culturali e artistici, stanziamenti per calamità naturali o emergenze umanitarie nel mondo. Questi sono solo alcuni esempi dell’articolata rete di aiuto messa in campo dalla Chiesa per rispondere alle nuove povertà e a fasce di popolazione con bisogni diversi e sempre più complessi; tutto ciò è possibile con il supporto dell’8xmille alla Chiesa cattolica, che dal 1990 realizza ogni anno migliaia di progetti secondo tre direttrici fondamentali di spesa: culto e pastorale, sostentamento dei sacerdoti diocesani, carità in Italia e nei Paesi in via di sviluppo.
Il lavoro incessante di tanti operatori, volontari, religiosi e religiose è stato illustrato nella campagna promozionale dell’8xmille 2024 che si è appena conclusa e ha raccontato, attraverso sette storie di speranza e di coraggio,il valore della gratuità e gli sforzi di una Chiesa in uscita, che si prende costantemente cura dei più deboli.
Ne è una dimostrazione concreta Casa Santa Elisabetta, progetto realizzato dalla Caritas diocesana di Verona per ospitare famiglie con problemi, donne sole, con figli minori, in emergenza abitativa. Non solo persone provenienti da situazioni di fragilità pregresse ma anche donne cadute improvvisamente in una situazione di grande sofferenza economica, per la perdita della fonte di sostentamento primaria e la difficoltà a rientrare nel mercato del lavoro o a causa di una separazione e in assenza di reti familiari a supporto.
Situata nel cuore di Verona all’ombra di Castel Vecchio, la Casa è un luogo nel quale si sperimentano l’ascolto e l’aiuto reciproco. Otto alloggi autonomi accolgono i nuclei familiari che qui ritrovano una tranquillità abitativa e vivono relazioni di amicizia e mutuo aiuto. Una sala con divani e libreria e una corte esterna permettono di costruire relazioni, confrontarsi e trascorrere insieme il tempo libero.
«In un contesto di individualismo diffuso e di crescenti divisioni sociali», spiega il vescovo Domenico Pompili, presidente della Caritas, «Casa Santa Elisabetta offre a tutti coloro che ospita un temporaneo luogo di ristoro, quasi un’oasi nel deserto, pensata per ridare slancio e speranza a nuclei familiari di mamme con i loro figli. Si tratta infatti di situazioni familiari fragili che necessitano, oltre ad un concreto sostegno materiale, anche di amicizia, vicinanza, solidarietà. Che hanno bisogno di tutte quelle risorse che non sono in vendita né si possono comprare ma che, spesso, risultano indispensabili per superare situazioni di disagio e di necessità».
«Casa Santa Elisabetta propone, di fatto, un contesto familiare e comunitario allargato che le famiglie ospitate non sono in grado di avere», sottolinea, «Qui gli ospiti possono sperimentare questa dimensione parentale-comunitaria, imparano assieme a costruirla e, siamo convinti, sapranno anche un giorno portarla nel contesto abitativo nel quale arriveranno a vivere con maggiore stima di sé e una rinnovata fiducia nel prossimo. Casa Santa Elisabetta, in definitiva, è un progetto che si pone nel mezzo tra le esperienze di co-housing e quelle dei condomini sociali, è uno spazio in cui vivere generosamente insieme un’esperienza di familiarità allargata, di socialità solidale».
Le donne accolte si incontrano, prima del loro ingresso nell’alloggio, per conoscersi e strutturare insieme il progetto da realizzare nel tempo di accoglienza. Le ospiti firmano anche un “patto di accompagnamento” che include sia i programmi e le risorse impiegati da Caritas, che le azioni e i mezzi messi in campo da loro stesse per raggiungere determinati obiettivi di autonomia, stabiliti nel patto stesso. Questo, inoltre, riguarda non solo la donna ma anche i figli; per i minori possono essere attivati, al bisogno e in relazione alla condizione specifica del singolo, dei voucher educativi per fruire di attività culturali, corsi extrascolastici ed altre opportunità formative.
La vita del condominio è curata e stimolata da un’operatrice e da un gruppo di volontari che svolgono un lavoro di accompagnamento quotidiano; essi orientano alle opportunità e organizzano laboratori e attività culturali.
Casa Santa Elisabetta è un punto di riferimento anche dopo il termine dell’esperienza, uno spazio ponte tra l’interno e l’esterno in cui si stimolano processi di inclusione e di crescita personale. L’ospitalità dura al massimo 24 mesi in quanto l’obiettivo dei progetti educativi, realizzati “ad hoc” per ogni nucleo familiare, è quello di permettere loro di riuscire a trovare, alla fine dell’accoglienza, un’altra soluzione abitativa e una maggiore indipendenza. Anche se questa tipologia di ospitalità costituisce una accoglienza in semi-autonomia, è prevista un’importante presenza di un operatore dedicato per facilitare la convivenza.