Le Donne in Rosso

Mutilazioni genitali femminili, una violenza silenziosa che calpesta i diritti di bambine e giovani donne

Caterina Stella*

Ricorre domani 6 febbraio, la Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili (Mgf), istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni unite nel 2012 con l’obiettivo di promuovere campagne di sensibilizzazione e azioni concrete per combattere la dolorosa pratica, riconosciuta a livello internazionale come una violazione dei diritti umani: alla salute, all’integrità fisica e alla vita.

Per Mgf si intendono tutte quelle procedure volte alla parziale o totale rimozione della parte esteriore dei genitali femminili, svolte principalmente durante l’infanzia o la pre-adolescenza per ragioni culturali o religiose, non per finalità mediche o terapeutiche.

Diffuse in Africa ma presenti anche in alcuni paesi dell’Asia, del Medioriente e dell’ America Latina, si sono tramandate nei secoli con l’idea di preservare la purezza delle bambine e delle ragazze non considerando, però, le gravi conseguenze psico-fisiche comportate.

Oltre al dolore inumano causato dal “taglio” spesso praticato senza anestesia e in condizioni igenico-sanitarie precarie, con tutti i rischi correlati d’infezione ed emorragia, si aggiunge la brutalità dell’intervento subìto che provoca un trauma indelebile, costringendo la vittima a vivere con un senso perenne di angoscia e paura.

Negli ultimi decenni, la risoluzione del problema è diventata sempre più necessaria a causa dell’intensificarsi dei flussi migratori dall’Africa verso il “Vecchio Continente”, con l’aumento di richieste da parte dei genitori immigrati di poter effettuare le Mgf sulle proprie figlie nelle strutture sanitarie pubbliche.

Una recente indagine condotta dall’Università di Milano-Bicocca, finanziata dal Dipartimento per le Pari opportunità, riferisce infatti che circa 85-90 000 donne presenti nel nostro Paese avrebbero subito una forma di mutilazione.

Con l’entrata in vigore della legge “Consolo” n. 7/2006 anche in Italia, eseguire questa pratica a fini non terapeutici, integra reato, previsto e punito dall’art. 583 del Codice penale per il quale si applica la pena della reclusione da 2 a 12 anni, aumentata di un terzo se svolta su una minorenne o per fini di lucro. Oltre alla previsione legislativa, sono necessari sforzi coordinati e sistematici da parte dei governi e della società civile, atti a coinvolgere intere comunità a concentrarsi sulla tutela dei diritti umani, sulla parità di genere, sull’educazione e l’istruzione di donne e bambine.

Rilevante a questo proposito è la nuova Carta dei diritti della bambina, approvata il 30 Settembre 2016 dal meeting della Business professional women (Bpw), si ispira alla convenzione Onu sui Diritti dell’infanzia del 1989 ma, a differenza e ad integrazione di questa che pone sullo stesso piano i due generi, li distingue in termini di caratteristiche e bisogni, avuto riguardo delle diverse connotazioni fisiche ed emozionali.

Promossa sul nostro territorio dalla sezione cittadina e del Basso veronese di Fidapa, associazione nazionale di promozione femminile, è stata adottata con successo dall’Amministrazione legnaghese nel 2018 e garantisce ad ogni bambina della città “di essere tutelata da ogni forma di violenza fisica o psicologica, sfruttamento, abusi sessuali e dalla imposizione di pratiche culturali che ne compromettano l’equilibrio psico-fisico”, nell’ottica di tutelare i diritti della donna fin dalla sua nascita.

*presidente della commissione Pari opportunità del Comune di Legnago

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