Il presidente del Rugby Club Valpolicella scrive ad una casa editrice perché in un libro questo sport è definito violento
Spirito di sacrificio, lealtà, determinazione, coraggio, impegno, spirito di squadra, rispetto per i compagni e per gli avversari. Sono veramente tante le qualità che, solitamente, si è soliti associare al rugby, sottolineando come – all’interno del mondo sportivo – rappresenti uno degli esempi più virtuosi circa il fatto che la crescita personale e umana possa andare di pari passo con quella tecnica, fisica e agonistica. Laddove in varie discipline si è abituati ad assistere, tristemente, ad episodi poco edificanti non solo sugli spalti ma anche tra gli stessi atleti, alla cui base vi è mancanza di etica e di cultura della sconfitta, il rugby si è guadagnato lodi unanimi con gesti (poi ripresi da altri) quali, ad esempio, il cosiddetto “terzo tempo” (ovvero il tradizionale incontro dopo-gara tra i componenti delle due squadre che hanno appena terminato di affrontarsi).
Sembra, però, che non tutti vedano così questo straordinario sport. O, almeno, questo è ciò che – secondo la psicologa veronese Giuliana Guadagnini – si potrebbe pensare prendendo in mano un volume edito da una nota casa editrice, che in una risposta qualifica il rugby come “violento”. Dopo una sua segnalazione alla dirigenza del Rugby Club Valpolicella, il presidente della compagine Sergio Ruzzenente ha deciso di inviare una lettera aperta a chi ha stampato e distribuito il tomo.
«Come direttivo Club di Rugby Valpolicella, unitamente al nostro staff medico ed alla psicologa della Prima squadra ci siamo decisi ad affrontare con Voi una incomprensibile e grave mancanza di rispetto dei valori del mondo del rugby», esordisce Ruzzenente.
«Il rugby, sport di squadra nato nel 1823 nell’omonima cittadina inglese», prosegue la missiva, «è conosciuto come un gioco duro, faticoso, impegnativo sotto il profilo tecnico e mentale, ma mai violento; anzi, proprio l’intensità e le fisicità richieste da questo gioco esigono dai giocatori la massima sportività e un grande rispetto nei confronti degli avversari, nell’ambito di un quadro di regole articolato e complesso, che consente all’arbitro di punire molto pesantemente i comportamenti scorretti in campo».
«Nel panorama mondiale questo sport è rigoroso ma nello stesso tempo pieno di stimolanti contraddizioni. È fatto di regole, di principi, tradizione e spirito, ma è nato rompendo le regole; è un combattimento corpo a corpo, ma eccezionalmente rispettoso dell’avversario, duro ma non violento. Il rugby è gioco di squadra per eccellenza: rispetto, lealtà, stima, fiducia e nonostante ci sia molto scontro fisico, non c’è violenza.
Il rugby, più di ogni altro sport, ha un patrimonio di valori eccezionalmente ricco. Uno sport che trae dalle proprie radici e dalla propria cultura la spinta al rinnovamento e al miglioramento. Molti ragazzi e ragazze, una volta iniziato questo percorso sportivo, ottengono una nuova consapevolezza di sé, e ritengono di essere migliori sotto il punto di vista dei valori e delle attitudini; più che una mera pratica sportiva, è un vero e proprio stile di vita. Per queste ragioni, Vi chiediamo di rivedere nel test la dicitura succitata rispettivamente alla domanda 477 almeno nella versione italiana (e nelle altre lingue se vi è citato il rugby)», conclude il presidente del Rugby Club Valpolicella.