Teatro, la rassegna “Squali” apre con “Calcinculo”

Babilonia teatri arriva al Teatro Salus di Legnago per “Squali-il teatro morde” con “Calcinculo” il 16 ottobre ore 21, spettacolo che ha ricevuto la nomination come miglior novità italiana ai Premi Ubu, gli Oscar del teatro italiano. Con il loro spettacolo Valeria Raimondi e Enrico Castellani riaprono la rassegna che, dopo la sua apertura a febbraio 2020, si era dovuta bruscamente fermare causa covid. Nel pomeriggio, alle 18, nel foyer del Teatro Salus si terrà un incontro dal titolo “Smagliature: introduzione al lavoro dei Babilonia teatri” con il critico d’arte Simone Azzoni che dialogherà con Enrico Castellani di Babilonia Teatri per condividere col pubblico un approfondimento sui temi e i linguaggi di Babilonia teatri, prendendo come pretesto la presentazione del volume “Smagliature”.
Per quanto rigurda “Calcinculo”, l’opera segna un passaggio nel percorso della compagnia per il rapporto fra parola e musica, per la commistione dei loro testi con le canzoni composte da Lorenzo Scuda degli Oblivion.
Il titolo ha una duplice valenza: si riferisce da una parte alla spietata forza d’impatto con cui Raimondi e Castellani prendono di mira e colpiscono puntualmente vizi, vezzi, fobie, manie, patologie, debolezze, intolleranze di una società arrogante e spaventata, preda di futili illusioni e di inquietanti smarrimenti, a cui si accostano non tanto con intenti satirici quanto con una specie di dolente euforia, di rabbioso stupore.
Ma si riferisce soprattutto a quella tipica giostra che è l’emblema delle sagre di paese, di quel sinistro luna park in cui idealmente si rispecchia il degrado dell’Italia di oggi, una squallida fiera col suo imbonitore, la sua cantante da balera, le sue misere attrazioni, dove non mancano neppure degli invisibili sbandieratori che dovrebbero lanciare in aria dei vessilli col leone di San Marco, una sfilata di veri cani un po’ frastornati con immancabile gara non si sa se di bellezza o di abilità o di simpatia, un coro di alpini.
“Calcinculo” è è uno spettacolo con cui i Babilonia si trovano a incarnare un’idea di “teatro canzone” degli anni Duemila, a riproporre nel loro linguaggio personale un modo di far spettacolo che richiama più o meno direttamente risonanze gaberiane. Non è solo per via dello schema drammaturgico che alterna gli interventi musicali a quelli meramente verbali, non è solo per l’uso della canzone quale strumento per auscultare il nostro stato di salute nazionale: è proprio il tipo di analisi spigliata e irriverente ma sostanzialmente impietosa della realtà in cui viviamo a rimandare al sarcastico evocatore della “Libertà obbligatoria” e dei “Polli d’allevamento”, al suo coraggio dimesso nell’interrogarsi pubblicamente su ciò che siamo e dove andiamo.