Alex Faccio, “incursione” nella poesia
La voglia di sperimentare, mettendosi costantemente alla prova con situazioni e sfide inedite, è una caratteristica che molto spesso contraddistingue i veri artisti. Tutto si può dire di Alex Faccio, tranne che sia una persona abituata a starsene all’interno dei rassicuranti confini della propria “comfort zone”, Il 32enne originario di Villa Bartolomea, infatti, dopo essersi fatto conoscere – e apprezzare – come scrittore di romanzi, attore e regista, ora ha deciso di vestire anche i panni del poeta, dando un’ulteriore dimostrazione dell’ecletticità che da sempre lo contraddistingue e confermando di essere uno “spirito inquieto” in perenne ricerca di nuovi stimoli.
Recentemente un suo componimento (“Nota”) è stato pubblicato all’interno della raccolta intitolata “Poesia italiana. Volume rosso”, edita da Ivvi Editore; un’incursione nel mondo della poesia, a detta dell’autore classe 1989, nata in modo fortuito.
«Ho scoperto Ivvi Editore per puro caso su Facebook, e mi sono avvicinato con una certa curiosità ai progetti corali che ogni tanto propone», racconta Faccio, «L’iter è piuttosto semplice: arrivano migliaia di testi, ne vengono selezionati un tot e viene lanciata la raccolta. Ho provato, ed è andata bene. Ho anche assimilato pareri contrastanti su questo tipo di iniziative, ma io credo che vadano prese per quello che sono, e cioè una piccola vetrina per qualche frammento della propria opera, che altrimenti in gran parte dei casi rimane chiusa in un cassetto. In particolar modo se, come me, partorisci spesso materiale non mainstream».
Quando gli viene chiesto dei tempi e delle modalità con le quali si è approcciato alla poesia, risponde così: «Sul quando non saprei con certezza, sul come non ho dubbi: seguendo l’ispirazione e il guizzo del momento. In questo campo non sono un pianificatore. Credo, però, che tutto sia nato dal bisogno inconscio di ravvivare la fiamma creativa con qualcosa di diverso». «È come nei rapporti di lunga data», aggiunge, «Se ogni tanto non introduci qualche elemento avulso, la routine ti ingloba e ti schiaccia. Nel mio caso è anche un modo per “asciugare”, per controbilanciare la mia abituale prolissità».
In merito al significato della sua poesia, Faccio spiega con grande sincerità: «”Nota” si è trasferita dal mio pensiero sul bordo di un foglio di carta in maniera estemporanea, quasi una psicografia. Una nota scarabocchiata a piè pagina, da qui il titolo. Sul contenuto non sono sicuro al cento per cento: so che c’è, e potrebbe anche essere qualcosa di importante, ma ripeto, non credo ad oggi di averlo afferrato nella sua interezza. Quindi preferisco sia il lettore a scavare e a interpretare a suo gusto».
Interrogato circa il ruolo della poesia nel contesto odierno (sono in parecchi a ritenere questa modalità espressiva oramai “superata” e non in sintonia con la società attuale), l’artista fornisce un’opinione foriera di spunti di riflessione assai interessanti. «È un genere che può rivelarsi semplice e cervellotico al tempo stesso, e che spesso richiede una sensibilità molto profonda per essere apprezzato a pieno», sottolinea, «Probabilmente viviamo un’epoca basata sulla fretta e sulla fruizione immediata e “one shot”; in quest’ottica è chiaro come un testo conciso ma criptico, che richiede svariate riletture e un dispendio sia mentale che emotivo a cui non siamo più molto abituati, faccia fatica a trovare spazio. Se tutto questo sia evoluzione o involuzione lo capiremo – forse – in futuro».