Economia

In provincia di Verona l’inflazione ha toccato livelli record, a preoccupare maggiormente sono i beni energetici

È un’inflazione da record, quella che in Veneto e in provincia di Verona sta aggredendo imprese e famiglie. Il suo valore, infatti, è passato dallo 0,3% di febbraio 2021 al 6% dello stesso mese di quest’anno a livello regionale e dallo 0,0% al 6,2% nel veronese, collocando la nostra regione in quarta posizione in tutta Italia per il maggior incremento netto su base annua (pari al 5,7%); un dato, quest’ultimo, che non si registrava dal luglio del 1991. Gran parte dell’aumento dei prezzi deriva dai beni energetici che, a febbraio di quest’anno, hanno subito un incremento regionale del 27,4% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, passando dal -0,6% del 2021 a 26,8% di oggi.

Sono questi i numeri che emergono dall’analisi sulla crescita dell’inflazione realizzata dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Veneto, e riportata nel dossier “Ultime tendenze su inflazione al consumo e prezzi delle imprese, nel contesto del caro-commodities”, che ha rielaborato i dati dell’Istat relativi al periodo compreso tra il febbraio del 2021 e il febbraio del 2022. Il rapporto ha esaminato il trend di ben dieci gruppi di prodotti e servizi, per oltre 230 prodotti. In particolare, vi sono le tendenze dei prezzi di 92 prodotti e servizi in mercati con una significativa presenza di imprese artigiane, di cui 29 sono riferiti a prodotti alimentari e bevande e 17 a servizi a maggiore vocazione artigiana. Il report, inoltre, ha verificato le tendenze dei prezzi alla produzione manifatturiera e del costo di costruzione e dei prezzi dei servizi.

«L’aumento generalizzato e prolungato dei prezzi sta portando alla diminuzione del potere d’acquisto della popolazione, mettendo in crisi le imprese, strette tra la morsa delle tasche vuote delle persone e l’incredibile aumento dei prezzi delle materie prime. Preoccupa soprattutto la crescita dei costi del carburante per autotrazione e per il riscaldamento, e quindi anche il costo dell’energia elettrica e del gas. Ed è proprio su queste ultime voci che non si vede una prospettiva positiva», commenta Roberto Boschetto, presidente di Confartigianato Imprese Veneto.

In provincia di Verona la prima posizione per incremento dei prezzi si conferma quella delle voci relative ad abitazione, acqua, elettricità, gas e carburante, che hanno registrato un’impennata dei prezzi del 26,4% in un anno, passati dal -0,9% al +25,5%. In seconda posizione i trasporti, cresciuti del 9,5% (da -0,1% al 9,4%). Terza posizione per mobili, articoli e servizi per la casa, cresciuti del 6,8%, passando dal -0,3% di febbraio 2021 al 6,5% dello stesso mese di quest’anno. A seguire gli alimentari, passati dal -1,1% al 5,4%, per un incremento generale del 6,5%. Inflazione in rilevante aumento anche per servizi ricettivi e ristorazione, con un +6,2% frutto della differenza tra il -0,3% di un anno fa e il +5,9% di oggi. I prezzi per l’istruzione frenano la discesa, passando dal -3,3% al -1,8%, per un incremento dell’1,5%. I costi di servizi sanitari e spese per la salute aumentano dell’1%, mentre i prezzi per abbigliamento e calzature e comunicazioni risultano invariati (rispettivamente 0,0 e -0,1%%), come per ricreazione, spettacoli e cultura che registrano solo un +0,4%. Bevande alcoliche e tabacchi addirittura diminuiscono dello 0,7%.

«L’inflazione è la nuova “pandemia economica” alla quale si deve dare una risposta concreta ed efficace», afferma Roberto Iraci Sareri, presidente di Confartigianato Imprese Verona. «Il rischio dei costi che stanno esplodendo», sottolinea, «si potrebbe presto tradurre in saracinesche abbassate. La forte spinta dei costi, insostenibile in alcuni settori, sta riducendo i margini delle imprese e determina un pesante rialzo dei prezzi alla produzione. Riduzione dei margini che diviene palese quando si confronta l’inflazione “in entrata” su materie prime ed energia e quella in ‘uscita’ cioè il costo finale dei prodotti e dei servizi che in molti casi è ancora negativa. Significa che le imprese non vogliono o non possono trasferire i maggiori costi sul cliente. Una situazione che però non reggerà a lungo».

«Non esiste una bacchetta magica per risolvere un problema che ha caratteristiche mondiali, ma alcune cose si possono e si devono fare a partire dall’intensificare l’impegno ad attuare le riforme strutturali che devono accompagnare la realizzazione del Pnrr: fisco e burocrazia, innanzitutto, per ridurre il carico di tasse e semplificare gli adempimenti amministrativi che pesano sulle spalle degli imprenditori. In tema di politiche energetiche, oltre alla necessità di definire, a livello europeo, un tetto al prezzo del gas e a perseguire l’obiettivo dell’indipendenza dagli approvvigionamenti esteri, anche con maggiori investimenti sulle energie rinnovabili, Confartigianato insiste sulla necessità di intervenire sulla tassazione per ridurre i maggiori costi dell’energia a carico delle piccole imprese a causa dell’assurdo meccanismo che fa pagare maggiori oneri in bolletta alle aziende che consumano meno, in barba al principio ‘chi inquina paga’. Sul fronte dei rincari delle materie prime, sollecitiamo interventi di monitoraggio per intercettare e dissuadere comportamenti speculativi nelle fasi di produzione e distribuzione, insieme con misure economiche e fiscali finalizzate a ridurre il consumo di materiali incentivando l’economia circolare e il riciclo e il recupero dei rifiuti. Ma, lo ribadiamo, essere virtuosi non può e non deve costare di più, anzi», conclude Sareri.

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