Editoriali

Pubblicità gratuita sulla nostra “pelle”? No, grazie

In questi giorni, la testata che mi onoro di dirigere, la mia persona e la mia professionalità, sono costantemente messe alla berlina da una personalità politica di uno dei comuni del territorio del quale ci occupiamo.

Insinuazioni, post minacciosi, ipotesi (alquanto temerarie, ma comunque fastidiose) di querela, denigrazioni e quant’altro. Tutte cose, e i social ne sono ahinoi fin troppo testimoni, cui questa persona, ci ha ampiamente abituati.

Confesso che, “a caldo”, ho interpellato il team legale dell’editore, oltre che il mio avvocato personale, per intraprendere un’azione nei confronti di questo soggetto, cosa che peraltro avevo già fatto presente all’interessato come via che intendevo perseguire, nel momento in cui era partita la tiritera delle contumelie, anche privatamente.

Non nascondo che, da persona che mal sopporta le prevaricazioni e determinati atteggiamenti, l’idea di lanciarmi ancora una volta in una battaglia ideale, prima ancora che giurisprudenziale, mi ha affascinato non poco.

Peccato, però, che tale battaglia, secondo l’adagio per cui non esiste cattiva pubblicità, rischierebbe di fornire ulteriore visibilità a chi, secondo il punto di vista di chi scrive, non ne merita affatto.

Che fare, dunque?

Senz’altro continuare a lavorare come abbiamo sempre fatto, visto che i riscontri che otteniamo dal nostro editore, dai nostri inserzionisti e, soprattutto, dai nostri lettori, sono senz’altro più positivi (oltre che, per noi, più preziosi e interessanti) del giudizio, interessato, di questo o quel protagonista di un nostro articolo, inchiesta, ecc.

D’altra parte, non si può piacere a tutti.

Perché, quindi, offrire ulteriore visibilità, gratuita e sulla nostra “pelle”, a chi ci disprezza?

No, faremo la stessa cosa che il grande Virgilio suggerì a Dante, nel loro comune viaggio attraverso i gironi dell’Inferno; quel “Non ti curar di loro, ma guarda e passa” sarà il nostro mantra.

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