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AI tra implicazioni, vincoli e opportunità

Non solo e non più ChatGpt. L’intelligenza artificiale si prepara a concentrare i propri sviluppi più consistenti nel settore industriale, chiamando in causa le imprese, gli ingegneri con le loro competenze, ma anche le iniziative legislative da parte della politica, specialmente quelle europee, come il recente AI Act. Di questo futuro, complesso e sfidante, si è parlato nei giorni scorsi in un convegno intitolato “AI tra implicazioni, vincoli e opportunità”, organizzato dall’Ordine degli Ingegneri a margine della propria assemblea (in collaborazione con l’Università di Verona).

Nell’aprire l’evento, svoltosi durante l’assemblea pubblica dell’Ordine, il presidente Matteo Limoni ha rimarcato che «approfondire un argomento simile significa fornire agli ingegneri una chiave di lettura della realtà quotidiana». «La nostra professione vive in stretto contatto con l’AI e con i sistemi intelligenti che mirano a migliorare i processi produttivi, stiamo parlando del presente e del futuro del nostro lavoro», osserva la guida degli ingegneri veronesi, «È dunque fondamentale essere preparati alle nuove sfide che la tecnologia ci sottopone ogni giorno, peraltro in modo vorticoso dato il suo sviluppo costante».

Tra gli esperti intervenuti al convegno, coordinato dall’ingegner Alessandro Dai Prè, il professor Franco Fummi del Dipartimento di Ingegneria per la Medicina di Innovazione dell’Università di Verona, ha ribadito che «le imprese e gli stessi ingegneri avranno sempre più a che fare con tali sistemi intelligenti, di cui l’AI è una parte fondamentale, e ciò varrà in qualsiasi ambito». Come a ogni rivoluzione industriale, ecco dunque l’importanza della formazione, dettata anche dall’esigenza di stare al passo con quelle «diverse tecnologie che integrandosi fra loro creano appunto i sistemi intelligenti, caratterizzati dall’avere capacità autonome di decisione in rapporto ai dati che raccolgono e a ciò che avviene intorno». È così «una certezza», a parere di Fummi, la futura nascita di «nuovi posti di lavoro, magari più facilmente accessibili per i giovani qualificati nel settore rispetto agli attuali lavoratori, la cui capacità di re-impiegarsi secondo i ruoli richiesti dal progresso tecnologico dipenderà anche dalle politiche economiche dell’industria e da quelle dei Governi».

Servono regole che disciplinino l’impatto dell’intelligenza artificiale. Un focus che, nel convegno, è stato affrontato da Lucrezia Bolla dello Studio Legale Dindo Zorzi & Associati. Dopo aver confermato che «nei prossimi anni lo sviluppo dell’intelligenza artificiale si concentrerà sull’innovazione in ottica industriale e produttiva, in quanto i Large Language Model, che imitano il linguaggio naturale – vedi Chat Gpt – e che tutti stiamo usando, probabilmente raggiungeranno un certo limite nel miglioramento, soprattutto alla luce dei costi energetici e di sviluppo», Bolla ha spiegato che la regolamentazione «più completa» è attualmente quella dell’AI Act. Si tratta del regolamento europeo sull’intelligenza artificiale in corso di approvazione a Bruxelles. Un’iniziativa legislativa che «si ispira all’approccio seguito per il settore farmaceutico, visto che mira alla sicurezza dei prodotti immessi in Unione Europea». In generale, come illustrato da Bolla, ci attende un futuro in cui «allo sviluppo continuo dell’intelligenza artificiale corrisponderà lo sviluppo in parallelo della legislazione».

A seguire, è intervenuto Paolo Errico, ceo & strategy lead di Maxfone e vicepresidente nazionale di Piccola Industria con delega a innovazione e transizione digitale. Concentratosi sulla maggior sostenibilità garantita alle aziende da transizione digitale e AI, Errico ha evidenziato come «la tendenza a lavorare sull’efficientamento dei processi è un fenomeno che riguarda ormai tutte le imprese e che nasce dall’attenzione prestata dal mercato alla sostenibilità: di fatto, migliorare i processi produttivi significa abbattere i costi e divenire appunto più sostenibili». Errico ha citato il caso di studio dell’azienda veronese Gruppo Marmi Corradini, che dal 2020 è impresa sostenibile certificata: «Parliamo di un case-study noto a livello nazionale in tema di adozione di tecnologie 4.0, con l’incremento degli standard qualitativi raggiunto proprio tramite l’innovazione tecnologica, sia di processo che di prodotto». «Per aprirsi all’AI», sostiene, «è indispensabile che le aziende abbiano già a disposizione un patrimonio di dati e la tecnologia con cui generarli. L’intelligenza artificiale proporrà una trasformazione del mondo del lavoro con spazio per nuove professioni, ad esempio quella del prompt-designer».

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